Itinerario d'accesso
Da Recoaro Terme, si prosegue per il Rifugio Campogrosso, si prosegue per la strada che scende verso la Vallarsa, raggiunto un ponte in cenento armato, si lascia l'auto e ci si incammina per il "Boale dei Fondi" e successivamente per il "Prà degli Angeli" giunti alle "Guglie del Fumante" presso la sella nelle vicinanze di "Cima Lovaraste" mt.1942 slm. Si imbocca il sentiero dei "Vajo Lovaraste" , dopo aver percorso circa 150 metri di dislivello dalla sella, grazie ad un'armo fisso, ci si cala con la corda per una trentina di metri nel mezzo del vajo, dove si trova l'ingresso dell'"Abisso delle Merlacchie" (1830 mt slm).
Descrizione della grotta
Già da tempo, girava fra alcuni componenti del gruppo, l'idea di organizzare un campo speleologico di ricerca sull'area sommi tale del Gruppo del Carega. Il lavoro che ci avrebbe aspettato, a dire il vero, non sarebbe mancato di certo, visto che l'"Abisso delle Merlacchie" e la "Grotta del Lupo", due promettenti cavità, erano li ad aspettare da qualche tempo che ci rifacessimo vivi. Anche sul Monte Obante erano stati individuati vari buchi, e forse si sarebbe trovato il tempo per una loro sommaria esplorazione.
Il Gruppo del Carega, sia nell'area Vicentina, Trentina che Veronese si presenta morfologicamente assai complesso, caratterizzato, soprattutto nella perte sommitale, da conche glaciocarsiche, frequentemente coperte da sfasciume detritico e depositi argillosi, mentre i suoi versanti si presentano molto dirupati e profondamente incisi da valloni (la cui denominazione nella toponomastica locale e' "vajo" ). Queste vallicole, spesso simili a veri e propri orridi, sono riempiti e talvolta parzialmente ostruiti da enormi monoliti staccatisi dai fianchi della montagna, il cui litotipo Ë rappresentato dalla dolomia, molto fratturata ed esogenamente degradata dagli agenti atmosferici e dalle grandi gelivazioni invernali. Per quanto riguarda il carsismo e i suoi fenomeni superficiali, nell'area in questione sono poco rappresentati.
Le macroforme sono quasi totalmente assenti, se si eccettuano delle, per'altro limitate, conche di genesi glaciocarsica (Vallone della teleferica). Le microforme sono rappresentate da leptoclasi, piccoli crepacci carsici, mentre ben evidenti, soprattutto nei versanti Sud ed Est, l'influenza tettonica nella genesi dei "vaji", alla cui base estesi ghiaioni si protendono verso il fondovalle.
Nella zona, almeno fino a qualche tempo fa, le prospezioni speleologiche erano frenate dalle difficoltà logistiche nell' affrontare un' attivit‡ di ricerca in luoghi faticosi da raggiungere, e in cui francamente, non si prospettavano grossi risultati esplorativi. Oggi, grazie alla gentile collaborazione dei gestori del rifugio Scalorbi, riusciamo a trasportare i pesanti materiali con automezzi autorizzati, risparmiandoci vere e proprie "tirate di collo", che necessitavano di almeno un giorno di recupero delle energie. Ma torniamo alle grotte! L'"Abisso delle Merlacchie", scoperto nel 1985, durante una escursione alpinistica di tre componenti del G.S.GEO CAI di Bassano, venne clamorosamente dimenticata fino al 1989 (prima esplorazione). La cavit‡ inizia con un P.24 inclinato di circa 50°, originatosi da una evidente ed estesa diaclasi, che taglia diagonalmente il vajo. Raggiunta la base del P.24, a tratti stretto e franoso, si accede, dopo il superamento di un masso incastratosi nella diaclasi, a "Sala popof', sulla cui scelta denominativa stendiamo un velo pietoso. Quasi perpendicolarmente alla base del P.24, diparte quello che unanimamen-te abbiamo denominato "lo spaccaossa". Si tratta di un cunicolo alquanto angusto e bagnato lungo 8 metri che dà su di una strettoia sovrastante un P.6, questo restringimento ha subito gli attacchi frontali sferrati con metodi persuasivi dalla sezione "strade e autostrade" del Gruppo. Superato il bestiale restringimento nel corso del campo 1989, le esplorazioni si erano arrestate, dopo il superamento e allargamento di altre snervanti strettoie, sul (tanto per cambiare) stretto imbocco di un vasto pozzo che allora venne valutato profondo 30 metri.
Nel corso del campo 1990, reso "agibile al transito" l'imbocco della nuova verticale, si procede alla sua esplorazione. Il pozzo è molto ampio, ma si rileva meno fondo di quanto avevamo pronosticato, gradonato scendeva per una ventina di metri. Giunti sul fondo, dopo aver constatato l'inesistenza di vie laterali, scopriamo tra i massi della frana, un nuovo pozzetto profondo 5-6 metri, arrampicabile, che ci sprona e ci fa sognare nuove prosecuzioni. La grotta sembra invece arrestarsi "brutalmente" nel suo ignoto viaggio verso il cuore della montagna. Dal fondo pantanoso della piccola verticale, nulla sembra dipartire! La dea bendata ci dà una mano, quando, ormai delusi ed afflitti cominciamo a pensare di ritornare al campo, dove ci aspettano i nostri scomodi giacigli (amache a cielo aperto) e le indescrivibili "sbrodaglie" culinarie pseudo-energetiche, il cui ricordo ci fa pensare di rimanere in grotta.
Ed ecco il colpo di... (bip)! Ad Uno di noi fa cadere accidentalmente un moschettone, che si intrufola "maligno" tra i massi di frana che da un'ora muoviamo e rimuoviamo alla ricerca del fatidico proseguimento ! Il recupero del moscettone sembra problematico, occorre spostare dei pietroni che ci rendiamo conto di aver tralasciato di rimuovere. Detto fatto, quasi magicamente scopriamo sotto il roccioso ammassamento uno stretto ma promettente budello. Velocemente uno di noi si toglie l'imbrago e gli attrezzi e con il casco in mano si "imbudella" nella stretta condotta, dalla quale giungono vari grugniti misti ad imprecazioni (a fin di bene). Pochi metri pi˘ avanti, dopo un'attimo di assoluto silenzio, esplode, ancestale, l'urlo, che di li' a poco si trasforma in un vero e proprio ululato! Pozzo, pozzo, pozzooo! La grotta continua! Quasi increduli, in pochi minuti passiamo da un profondo stato depressivo, ad uno di andrenidica eccitazione esplorativa.
In breve tempo gli spits sono al loro posto. Riusciamo ad approntare un armo abbastanza sicuro, usufruendo di una lama e di un "passatopo". Rindossiamo le nostre attrezzature e in un inconsueto stato di tacchicardia ci apprestiamo alla discesa del pozzo. Scendiamo piano, scrutando le levigatissime pareti, già pregustando una nuova via per "fuggire" ancora in profondit‡, ed invece, giunti sul fondo del pozzo, ci si rende conto che le "Merlacchie" vogliono proprio tirarci dei brutti scherzi! Un'ennesimo restringimento ci blocca all'interno di un lungo budello che si getta nel nero di un nuovo salto!
Cosa scopriremo al di là? Booh! Passa l'aria, passa l'acqua, ma noi no...per adesso!